UN RICORDO DI LIBERTA’
C’è una strada a Piazza che si chiama Via Castellina.
Essa è tutta in discesa e all’epoca era fatta di balateddi
proprio per frenare gli zoccoli degli asini che una volta
salivano e scendevano per quella strada.
Ora, se era vero che i balateddi frenavano
qualche bello scivolone agli animali,
era pur vero, che esse “trattenevano” il tacco
delle scarpe eleganti alle belle signore che la domenica, dal Buco
salivano per Via Castellina, per andare
a fare una passeggiata al Generale Cascino.
Potete credere quanto fosse difficile salire e scendere per questa strada,
tanto che le donne (le ho ancora davanti agli occhi)
camminavano a due o tre insieme, tenendosi a braccetto
per non scivolare, ma col pericolo che se scivolava una
si trascinava dietro anche le altre!
Ma per me non era così!
Io, ancora ragazzina e senza tacchi,
questa strada la facevo tutta correndo a perdifiato, e mai da sola.
Ero sempre in compagnia di un gruppetto di ragazzine
mie compagnette dell’Azione Cattolica.
Così si chiamava allora la frequenza in parrocchia
che per me era quella di Santa Veneranda.
Qualche volta, due o tre maschietti si aggiungevano
al nostro gruppetto di femminucce,
ma loro sapevano dall’inizio che era “partita persa”!
Correvano sì, ma sempre dietro...senza mai poterci raggiungere.
Proprio belle quelle corse per le stradine
che, partendo da Via Castellina, si infilavano una dentro l’altra
come un dedalo...Ma appena ci sembrava d’esserci perse,
di colpo ci ritrovavamo al punto di partenza e il gioco ricominciava.
Entravamo in un vicolo e ci ritrovavamo in un altro...sempre di corsa
come se avessimo dovuto andare a prendere il palio!
Invece era per ritagliarci un’oretta di libertà!
Quella corsa infatti ci faceva sentire più grandi e più liberi..
Peccato che noi allora non lo sapevamo!
Ora, dopo tanti anni, lo posso dire...
Quel sentimento di libertà che provavamo,
era per la disubbidienza che facevamo!
Eh già. Questo fatto di andare in giro per le stradine della Castellina,
era una cosa proibita, specialmente da mia madre
che avrebbe voluto sempre tenermi vicino a sè.
Ma proprio per questo io non l’ascoltavo, e la domenica
dopo il catechismo, col solito gruppetto di ragazzine
partivo per la solita spedizione...
La corsa pazza e felice attraverso i vicoli...
Mentre correvamo, gridavamo ad alta voce parole senza senso...
che ci facevano ridere! A quel timbro argentino della nostra risata
le persone si affacciavano al balcone
e c’era chi rideva e chi ci rivolgeva più d’una parolaccia!
E quant’era bello evitare il pericolo di ricevere un colpo di bastone
da un vecchietto seduto tutto il giorno sul gradino davanti alla sua porta!
Lui con gli occhi socchiusi, sembrava sempre addormentato ma,
appena ci sentiva arrivare gridando in quella maniera,
cominciava a gridare << Guarda, guarda, stanno arrivando i monelli...
Andatevene a casa...Via di qua>>
Intanto faceva roteare in aria il suo bastone
ma senza mai colpirci...
Secondo me, questo della domenica, era pure per il vecchietto
una specie di appuntamento con noi ragazzini.
Credo proprio che lui ci aspettasse!
Perciò la sua reazione era solo una farsa per darsi un contegno
ma, sotto sotto era contento.
Ora che anch’io non sono piu ragazzina,
questo ricordo di libertà davanti agli occhi...
mi conforta.
Rosalba Termini
Gennaio 2016