AMARCORD (traduzione)

 

 

 

ERA L’ANNATA DEL MILLENOVECENTOSETTANTADUE...

 

La chiamavo col soprannome di “Gamberetto”,ma dentro questa parola c’era un sentimento che traboccava affetto!

Il perchè avevo inventato questo soprannome ve lo dico subito. Giusy aveva il vizio di raccontare un fatto e un minuto dopo diceva il preciso contrario. Oppure, cominciava a fare una cosa, poi si pentiva dunque tornava indietro sui suoi passi.

La nostra conosenza avvenne lassù, tra le valli del Piemonte e per essere precisi, nel paese di Ceres...in mezzo ai fiori colorati e le stelle alpine delle montagne che avevamo intorno. Proprio come dicono le parole della canzone “Lassù, sulle montagne, fra boschi e valli d’or”...

Era il mese di settembre del 1972 dunque sono passati 45 anni da quella prima volta che ci incontrammo e ad oggi sono 30 anni che non ci vediamo!!

Lei era più piccola di me di due anni, ma questa differenza d’età non contò mai niente per noi! A quest’ora però vi state domandando “ Ma che ci facevano due signorinelle fresche fresche di diploma magistrale, mai prima di allora uscite dal proprio paese (che per me era Piazza Armerina in Sicilia e per lei era Casarano in Puglia) in mezzo alle valli profumate di Lanzo e le montagne del Piemonte?!

Quando la vidi arrivare alI’Istituto Broglia di Ceres, dove io era arrivata qualche giorno prima, già alla prima occhiata vidi una signorina sprovveduta e pure un tantino spaventata. Nella sua faccia pensierosa spuntavano due grandi occhi castani che domandavano aiuto e conforto...E più d’una volta è capitato di darglielo!

Il Broglia, così si chiamava l’istituto dove io e Giusy avevamo trovato lavoro, era una scuola situata in mezzo a tanti alberi che gli davano un’aria di freschezza. Per la verità di freschezza nel Broglia non ce n’era neanche un po’, perchè le ragazzine che frequentavano questa scuola avevano ognuno qualche problema mentale e le stesse famiglie non se ne curavano. Io e Giusy avevamo il compito di accudirle dalla mattina alla sera. Per non parlare delle nottate passate in bianco, vicino a questa o quella ragazzina che aveva qualche malanno o che non poteva addormentarsi.

Potete immaginare la grande difficoltà mia e di Giusy nel trovarci di fronte ad alcune patologie mai conosciute prime...casomai lette sui libri.

E quante altre notti passate a raccontarci i pensieri e i desideri dei nostri vent’anni! E pure a piangere per la lontananza dalla nostra famiglia! Nel silenzio del sonno delle nostre ragazzine, io e Giusy sedute una volta nella mia “stretta” e una volta nella sua, parlavamo fitto fitto della nostra vita lassù, lontano dal paese...

Vent’anni erano pochi, ma io senza saperlo stavo cominciando a piantare le radici nel terreno piemontese, dove infatti ora abito...ma sempre col cuore legato a Piazza.

Torniamo a me e Giusy dentro la “stretta”. Essa era un quadrato del dormitorio delle nostre ragazzine, così piccolo che si chiamava “stretta”. Dalla finestrella di questa mia cameretta, io vedevo il campanile della chiesa che era situata proprio vicino al Broglia. Era il suo scampanio che mi rallegrava il cuore e tante altre volte me lo faceva piangere!!

Quest’ annetto di lavoro al Nord Italia è stata l’esperienza numero uno sotto ogni punto di vista...E’ stata per noi due donne come il servizio militare per gli uomini e ancora oggi, che non abbiamo più vent’anni, ce la ricordiamo come la nostra seconda nascita!

Ora, per sottoscrivere la grande malinconia di questi racconti, ci vorrebbe Lucio Battisti col suo “Il mio canto libero”. Era la canzone che a me e a Giusy piaceva ascoltare quando, nei nostri momenti liberi, andavamo a rifugiarci al bar di Sergio...col suo jukebox...col suo Amaro San Simone...oppure rare volte col dolce, verde Genepy.

Rosalba Termini
Settembre 2017

 


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